Bucarest, la capitale stritolata dal passato



La capitale della Romania è ormai molto diversa dalla "Parigi dell'est" che ne aveva accresciuto il mito agli inizi del '900. Gran parte dei palazzi che la resero famosa sono ormai scomparsi sotto il cemento del regime di Ceausescu, ma la brutta fama che Bucarest si porta dietro è ingenerosa nei confronti di una città dinamica e viva.
Anch'io vi ho trascorso poco tempo e l'impressione che ne ho avuto non è affatto negativa. Certo, gli imponenti palazzi in cemento costruiti di recente rendono tutto un po' grigio, ma è possibile ancora riscoprire cose preziose che il regime ha provato a nascondere.

Un violento terremoto avvenuto nei primi anni '70 fu la scusa che Ceausescu aspettava per iniziare a radere al suolo buona parte del centro storico di Bucarest, per far spazio al suo megalomane progetto di rinascita. Iniziò la costruzione del Palazzo del Popolo che, con oltre 3000 stanze, si apprestava a diventare il secondo palazzo amministrativo più grande del mondo, secondo solo al Pentagono.

Questa ed altre iniziative sfigurarono il volto della capitale Rumena, molti palazzi in stile Art Nouveau, che solo ad inizio secolo ne avevano costituito il vanto, scomparvero definitivamente.



Boulevardul Unirii, che inizia a piazza della Costituzione, difronte al Palazzo del Popolo, doveva rivaleggiare con gli Champs Elisee di Parigi: ne risulta infine più lungo e solo di un metro più largo. Ai lati del viale dovevano prendere posto le ambasciate di tutti i paesi e le residenze dei quadri politici del governo Rumeno, ossia del partito comunista.

La megalomania del regime volle intervenire anche sulla natura dove, con apposite canalizzazioni, si tentava di aumentare la portata del fiume Dambovita che attraversa Bucarest. L'intento era quello di farlo diventare un "fiume degno di una Capitale".




Fuga in elicottero di Ceausescu
21 dicembre 1989
Quando l'esasperazione raggiunta dalla popolazione non fu più tenuta a bada dalla propaganda di partito, la situazione degenerò. Il focolaio della rivolta si accese ad ovest e dilagò in pochi giorni fino a Bucarest. Una probabile regia occulta portò alla rivolta violenta contro il regime e Ceausescu fu uno dei pochi a pagarne le conseguenze.
A metà dicembre del 1989 le proteste iniziarono a Timisoara, fino ad abbracciare tutta la nazione, Bucarest fu letteralmente data alle fiamme. L'epilogo venne scritto il giorno di Natale, pochi giorni dopo l'inizio delle contestazioni.





Curiosando tra gli enormi palazzi che “puzzanodicomunismo” è possibile ancora imbattersi in piccole perle che la foga del regime ha risparmiato. Nascosti tra oscuri palazzi si ritrovano antichi luoghi di culto,  collegati alla storia della città, al suo passato ormai remoto.

Un esempio su tutti è la centralissima chiesa di Stavropoleos e l’annesso piccolo cortile, in pieno centro.  diventato il deposito di lapidi e iscrizioni ritrovate durante gli scavi dopo la rivoluzione. Questa piccola chiesa è una piacevole scoperta, nascosta tra ristoranti, negozi e locali notturni, tra le vie del quartiere storico di Lipscani, il centro della vita della capitale.

Subito fuori Lipscani, verso il palazzo del popolo, c’è nascosto un altro monastero, quello di Mihai Voda. Poco più a sud si incontra il monastero di Antim e, proseguendo ancora verso sud-est, si arriva alla cattedrale patriarcale.

In ogni chiesa, ad ogni ora del giorno, ci sono almeno un pungo di fedeli in religioso silenzio, completamente assorti nelle loro preghiere, preghiere e riti che decenni di regime non hanno cancellato.
Ogni chiesa, ogni monastero risparmiato dal regime è testimone della fede ortodossa che per secoli è stata parte attiva del popolo rumeno. Icone colorate dalle teste dorate, legni intarsiati, ori e candele. Cupole e scranni e acqua benedetta hanno resistito a secoli di invasioni turche e alla filosofia atea comunista. Oggi la religione torna ad essere l'unica speranza contro le tentazioni del consumismo  e del capitalismo.



Ovunque mi trovi non resisto al fascino di immergermi nelle testimonianze dell'antico Impero Romano e anche qui in Romania sono andato a cercare il simbolo del nostro comune passato. Uscendo da Lipscani su piazza Roma, sopra un alto piedistallo, la Lupa Capitolina ricorda ai romeni che l'Impero Romano è arrivato anche qui e ricorda a noi italiani che siamo stati, probabilmente, i primi ad essere emigrati in Romania, anche se allora era conosciuta come Dacia.
La Dacia era una terra ricca di giacimenti d'oro, metallo per il quale allora come oggi si è disposti a fare follie. Duemila anni fa l'oro era una motivazione valida per invadere ed impadronirsi di una regione intera. Il bisogno di manodopera per l'estrazione dell'oro dalle cave veniva reclutata nell'impero; migliaia di romani vennero trasferiti in Dacia, motivo per cui la lingua romena ha origine latina.



A nord del centro di Bucarest c'è piazza della rivoluzione che, a 30 anni esatti dalla caduta del comunismo, è diventata il luogo dove commemorare le migliaia di vittime della guerra civile. 
Le decine di metri della recinzione del palazzo dell'università sono tappezzate di centinaia di nomi dei caduti; fa impressione leggere l'età di ognuno, la media ne risulta davvero molto bassa. Proprio mentre osservavo quei nomi, le foto e le testimonianze appese a quella recinzione in Piazza della Rivoluzione mi sono tornate alla mente delle parole di Salvador Allende: "Essere giovane e non essere rivoluzionario è una contraddizione persino biologica".


In questa piazza si è compiuta la storia recente della Romania, il terrazzo da cui Ceausescu tenne l'ultimo discorso, dopo decine di discorsi tenuti da quel pulpito, determinò il definitivo sgretolarsi del regime. Il palazzo era quello del Comitato centrale del Partito Comunista. 

Poche decine di metri più a nord, la facciata della biblioteca che in quei giorni venne data alle fiamme durante la rivolta.
Oggi al centro della piazza spicca il monumento alla Rinascita, un obelisco bianco circondato da una corona. Alcune guide la definiscono una patata, simbolo della povertà sofferta dai rumeni.

Bucarest meriterebbe ancora un paio di giorni, ci sarebbero da visitare i musei ed i parchi, da sempre fiore all'occhiello di questa Capitale dalla storia travagliata. Ci sarebbe ancora tanto da vedere, ma si tratta solo un'appuntamento rimandato...

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