sabato 25 gennaio 2020

La vera Transilvania



Documentandomi sulla Transilvania ho scoperto quello che poi sarebbe diventato il motivo principale per cui ho fatto tanta strada: le chiese fortificate.
Fin dal 1123 il re Ungherese invitò a vivere in Transilvania i contadini che abitavano la Sassonia (Germania sud occidentale), creando così  una costellazione di paesi che, sia per quanto riguarda l’architettura che la lingua parlata, rimasero ancorati fortemente alla terra madre.
Intorno al 1.500 questi paesi si trovarono sempre più spesso a fare i conti con le incursioni turche da sud e, da buoni tedeschi, si organizzarono con vere e proprie fortezze costruite intorno a chiese già esistenti.

Ogni chiesa era cinta da mura fortificate, torri di guardia che al suo interno consentiva ai contadini di vivere in sicurezza durante i lunghi assedi che, talvolta, duravano anche mesi.
All'interno del bastione ogni famiglia aveva uno spazio coperto nel quale conservare cibo e beni nell'eventualità di un attacco.






Tali fortezze avevano un unico accesso dotato di una resistente saracinesca che poteva essere abbassata velocemente.

Le chiese fortificate sono state dichiarate patrimonio mondiale dell’umanità, tale patrimonio tutela, spesso, anche i paesi che, in seguito, crebbero intorno alle fortificazioni. C’è da considerare che la popolazione sassone ha abitato queste terre fino alla rivoluzione e solo nel 1990 è iniziato un progressivo spopolamento dei paesi. Questo ha fatto sì che famiglie Rom si siano insediate in queste case abbandonate, determinando la fine delle antiche comunità sassoni.


 Sighisoara:


In questa parte di Transilvania il paese che attira più turisti è Sighisoara, il cui centro storico, la cittadella fortificata, è anche questo patrimonio dell’umanità UNESCO.
Le piccole viuzze acciottolate che si intrecciano nell’antico quartiere medievale “riescono a sorprendere anche i viaggiatori più navigati”. Case con facciate color pastello rendono il centro storico una piccola bomboniera dove camminare e perdersi è un piacere.
Delle torri che disegnano il profilo di Sighisoara, a spiccare è quella dell’orologio che costituisce anche l’ingresso principale della cittadella. Mi risparmio la salita in cima alla torre, però, oggi è giorno di neve ed il panorama è limitato all’immediata periferia.





Poco oltre l’ingresso in città dalla porta dell'orologio si incontra la casa in cui sembra sia nato l’eroe nazionale Vlad Tepes, il famoso conte Dracula!
Sebbene si siano spese parole sulla vera identità di Vlad III, i proprietari del ristorante ricavato al primo piano di questa casa hanno pensato bene di presentare nel modo migliore la camera in cui nacque Vlad….




La salita fino alla collina avviene mediante una scalinata in legno coperta. Oltre 200 gradini che conducono alla chiesa sulla sommità della collina. La vista sulla cittadella, è rovinata solo dal grigiore del cielo che non permette ai colori di splendere.




L’impressione che mi ha lasciato Sighisoara è sì di un bellissimo paese transilvano, ma la “perfezione” delle case, almeno sulle poche vie trafficate e nella piazza principale (Piata Cetatii), la rendono troppo perfetta rispetto ai piccoli paesi, seppur caratteristici, che si incontrano ovunque in Transilvania. Una sorta di “trappola” per i turisti, ammaliati dai colori delle (seppur splendide) case, ma senza la vita che si vede altrove.


Le chiese fortificate...

“Mentre guidavamo verso sud, attraverso vigneti e campi di luppolo, le colline boscose fecero ben presto scomparire dalla vista il pinnacolo di Sighisoara. La campagna si stendeva ampia e solenne, con piccoli villaggi annidati fra gli alberi sulla riva dei corsi d’acqua. Se domandavamo il nome dei paesini, gli abitanti indicavano sempre nomi sassoni: Schaas, Trappold, Henndorf, Niederhausen. […] 
Erano costruiti intorno ad un cortile centrale recintato, con ingressi ad arco ribassato per i carri, cancelli con tettoia a scandole, tetti a displuvio e file di finestre sui timpani che si affacciavano sulla strada. 

Le murature erano solide, fatte per durare e moderatamente adorne, qua e là, di audaci tocchi barocchi. Al centro di ciascun borgo, una robusta chiesa erigeva un tozzo campanile quadrangolare dall'aspetto rude e difensivo. […] Perforati da feritoie, i muri salivano lisci, per poi espandersi nelle caditoie; al di sopra di queste, una fila di montanti formavano una loggia su cui poggiava la piramide della torre campanaria. Tutti gli elementi architettonici avevano precise funzioni, come pezzi di un’armatura, e i montanti tra cuspide e cimasa conferivano al tetto triangolare l’aspetto di un elmo con la nasiera e le fessure per gli occhi. Tutte le chiese avevano una celata del genere. […]

Nessuna delle chiese incontrate dopo la frontiera rumeno-ungherese aveva quell’aspetto bellicoso; era anche vero, però, che nessuna era altrettanto antica. […] Era per difendersi dai Turchi? “Si, era contro i Turchi, ma c’erano stati nemici anche peggiori.
Ah, certo! Dissi pensando di avere capito: le chiese corazzate dovevano essere state erette dopo l’invasione dei tartari di Batu Khan (nel 1241), la tribù mongola che aveva ridotto in cenere il Regno, incendiando chiese e castelli, massacrando a migliaia gli abitanti e riducendo in schiavitù intere popolazioni. […]
L’ultima incursione tartaro-turca, per quanto non si fosse spinta a fondo quanto quelle dei predecessori, era avvenuta nel 1788; e nel vasto arco di tempo tra il 1241 e il 1788 le incursioni minori da parte dei tartari e di altre bande di predoni erano state endemiche.
I razziatori attraversavano la Moldavia, superavano il passo di Buzau nell’angolo sud-orientale dei Carpazi, e quindi si riversavano nel prospero Burzenland, nella regione vicina a Kronstadt (Brasov). […]
All’arrivo dei razziatori, gli abitanti dei villaggi fuggivano nei boschi e spingevano cavalli e mandrie nelle vaste grotte dei Carpazi. […] Poi, circa un secolo dopo la costruzione di quelle chiese, furono prese misure più adeguate: le città furono cinte di mura fortificate. 
Incredibili cerchi di pietra con all’interno file sovrapposte di rifugi di legno e scale per raggiungerli, come se fossero i palchi di un rustico teatro d’opera. Ciascun rifugio era assegnato a una famiglia, che vi ammassava riserve di carne salata, prosciutti e formaggi nell’eventualità di un assedio improvviso. […]
Queste incursioni hanno lasciato poche altre tracce, se non forse genetiche: secondo alcuni, la frequenza degli stupri del passato ha impresso in una parte della popolazione dei tratti mongoli; ma alcuni ritengono che questi siano il lascito del passaggio dei Cumani prima che evaporassero nella grande pianura ungherese.”

Uso ancora una volta le parole di Patrick Fermor per descrivere ciò che allora, come ora, è l'impatto che queste particolari chiese, le chiese fortificate, lasciano al visitatore.
A presto per scoprire alcuni dei paesi della Transilvania, cresciuti proprio intorno a queste splendide chiese, patrimonio mondiale dell'umanità....

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